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Charles L. Liston, detto Sonny, viene dichiarato morto il 5 gennaio del 1971. Nessuno, ancora oggi, sa esattamente quando e come è morto. Forse un infarto, anche se era relativamente in buona salute. Nei suoi trentotto anni di vita, considerato tra i più grandi pugili di tutti tempi, ha conseguito il titolo di campione mondiale dei pesi massimi dal 1962 al 1964 e resta il primo pugile a sfidare Muhammad Ali. Sonny l'analfabeta, l'alcolista, il pregiudicato, l'ex galeotto, l'orso cattivo, il pugile della mafia. Sonny il genio che faceva invidia ai geni (scrittori, giornalisti, politici, osservatori) americani. Liston ha avuto tante vite quanti pugni in faccia. Amleto De Silva le racconta tutte. Senza risparmio, con uno sguardo che scava nella vita di chi «si lanciava sempre, comunque, come una bestia feroce, contro chiunque gli si parasse davanti sul ring. Anche in allenamento. Sempre. Comunque». Il pugilatore è anche il racconto del nostro Paese, di un'epoca e di una generazione che si è vista sbarcare in casa propria un'America priva di disincanto. Spregevole per certi versi, e forse più vera per altri.