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L'età postmoderna si connota per il tramonto delle metanarrazioni onnicomprensive (Illuminismo, Positivismo, Idealismo) che avevano scandito la stagione moderna. A eclissarsi, tuttavia, non è soltanto il meta-racconto ideologico, ma anche la nostalgia della sua dipartita. Diviene obsoleto il nesso tra futuro e positività a cui era improntato il pensiero razionalistico moderno. E si spezza la linearità diegetica della narrazione classica, quella che, seppure in chiave secolare, aveva mutuato dalla tradizione giudaico-cristiana la prospettiva emancipativa e messianica adattandola a un contesto immanente e profano. Ormai ridotte a un dedalo paralogico di giochi linguistici privi di sistematicità, l'episteme scientifica e, con essa, l'impianto metafisico dell'etica sociale abdicano in favore di una inedita strategia di adattamento: il compromesso democratico tra istanze eterogenee che dialogano senza pretese ideologiche perentorie o impermanenti. Queste, semmai, si legittima reciprocamente su un campo che ha sempre più le fattezze di una immanenza satura, trattandosi di un piano in cui, dietro l'apparente penuria di ideologia, trionfa - senza rivali - la grammatica postmoderna.