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"Il Cristo elettrico" è un vero e proprio vortice narrativo in cui il tempo lineare della narrazione si fa circolare, ricorsivo, ossessivo, inseguendo a ritroso nella memoria di Enrico il mistero della morte di Maria, l'unica capace di penetrare la bolla di rabbia e scoramento che avvolge il protagonista. Enrico, intellettuale tossicodipendente e poeta, con il suo tono delirante e disperatamente lucido, surreale, filosofico e lirico, un po' punk e un po' rapper, tra droghe d'ogni tipo, legali e illegali, kubrickianamente costringe il lettore a tenere spalancati gli occhi davanti alle macerie della nostra società e lo obbliga a continuare a guardare anche quando il panorama diviene più duro e sconvolgente, ad accompagnarlo giù, sempre più giù, in un abisso di violenza inflitta e subita, sino ad arrivare in fondo, ed anche un po' più in là. Un quadro spietato e barocco degli anni 80 in Italia, vissuti tra Napoli e il litorale domizio, che strizza l'occhio ai ritmi del graphic novel, in cui sarà facile al lettore riconoscere alcuni dei tratti di quel periodo, che negli anni si sono sviluppati e sono mutati, fino a diventare segno inconfondibile del nostro presente.