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Versi brevi, a volte solo poche parole, che ci riportano all'essenza della vita, a certi paesaggi che è possibile ammirare solo in alcuni luoghi, e la Sardegna, indubbiamente, ne è la musa ispiratrice. E poi c'è la famiglia, il volto antico di ieri, "... tra lunghi filari/di viti nodose/nel mistero/di ricordi lontani." (da La vendemmia) e il ricordo di una sera di marzo dove tutto cambiò. E intanto, si "ascolta il sussurrio del vento/porta lieve la tua voce lontano" (da Non parlare) e il poeta, giusto qualche verso più giù, scrive "Sono uno zingaro/in questo cielo vagabondo/da sempre tra nuvole e sogni" ma non dimentica che "Sui tetti, un gatto innamorato/racconta favole alla luna/e corre a ricordi lontani" (da Oggi i poeti sognano ancora). E così, mi riscopro a pensare che c'è una strana magia nei versi di questo poeta. A un certo punto, durante la lettura, i suoi versi diventano i miei, il suo sentire diventa il mio. Davanti ai miei occhi scorrono, come se fossero immagini di un film, i fotogrammi di quei tramonti, di quelle albe, di quelle lune riflesse sul mare, delle luci della sera, dei rossi papaveri, del mirto e del rosmarino; così come sento sul viso la freschezza del vento, piacevole nelle sere d'estate, e che diventa impetuoso con il maestrale fino a spazzare via nuvole e ombre. Ma il tutto è avvolto da una musicalità delicata e leggera, quasi sussurrata, che diventa silenzio e giunge al cuore abbracciando ogni dove, e così ogni cosa prende forma e ha un senso.