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Nel Novecento si è assistito alla perdita della trascendenza in arte. L'Angelo è diventato "tremendo" (Rilke, Prima Elegia Duinese), Dio un fantasma e la forma che canta le bellezze divine è scomparsa dall'orizzonte umano, a parte alcune eccezioni. "La Bufera e altro" di Montale è uno dei pochi esempi italiani in cui l'immanenza non la fa da padrona e il rapporto con la trascendenza è espresso con tale carica espressiva da apparire miracoloso. E a questo mi rifaccio, a Beatrice di Dante, a Laura di Petrarca, a Alla sua donna di Leopardi, all'Iride di Montale: tutte figure dell'Angelo, del Canto di lode, che trapassa dallo Stilnovismo fino ad arrivare ai rari esempi novecenteschi. Il mio Angelo si chiama Angioina ed è l'Angelus Primus, che nasce nel nostro secolo e con esso il Canto spirituale, facendo da contraltare all'Angelus Novus di Benjamin, a Paul Klee e a tutti gli strani sogni della perdita della forma del rapporto tra immanenza e trascendenza che caratterizza il Novecento e lascia aperta la strada alla rinascita del Canto spirituale.