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"Omar dei corvi" è un romanzo con due parti scisse e diverse appendici, che si fondono indissolubili a formare un'architettura circolare, dove tutto comincia laddove finisce. Un viaggio di rinascita quello che porta con sé Omar, che passa attraverso le paure di bambino e i dèmoni di tutti, a marcare il sentiero dell'uomo nuovo. La battaglia per decontaminare l'anima è solo l'inizio. Combattimenti epici e poesia si alternano in un lirismo nella prima parte, poi il sonno e il risveglio. Gli strumenti tutti trovano il posto loro, il giovane Omar è pronto a riportare il mondo laddove era. La luce si fa faro a illuminare una parte seconda nuova e antica, straniata e possibile, reale e visionaria. Così il Risvegliato, il Santo con il suo contraltare, il Premier, l'Usurpatore, si rincorrono in una danza dai mille passi. Figure pesanti e leggere, come le "cavie" di un mondo futuristico, di una Roma autocratica e distopica, della rivoluzione tecnologica, fanno eco al "difetto" dell'uomo, in un puro divertissement letterario. Tutte le corde vengono tese facendo saltare a ritmo ogni attore in scena. Un quadro d'Apocalisse si delinea a tinte nette, per farsi carico della vita di chi non conosce più il proprio bisogno. L'universo ha sempre leggi ben diverse da quelle dell'uomo, persino di un Premier e il suo delirio d'onnipotenza. "Solo ciò di cui hai bisogno" il salmo della purificazione, il linguaggio primigenio di un pianeta che grida forte il suo scempio. Un finale esplodente in cui luce e buio si sovrappongono.