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Si può pensare alla vecchiaia come a una stagione per nulla malinconica e rinunciataria, ma piuttosto piena di soddisfazioni e di felicità? Secondo Piero Ottone si può, anzi in certo modo si deve, è giusto e necessario. Perché la vecchiaia è una conquista, la fine e il compimento di una corsa, il raggiungimento di uno stato d'animo di quiete e benessere a cui tutti, forse già da giovani, aspiriamo: più nessuna paura del fallimento, più nessuna ansia da prestazione, finalmente, ma solo l'appagamento sereno e l'insostituibile consolazione della memoria. Per Ottone memoria vuol dire innanzitutto ricordi, momenti di una carriera giornalistica che l'ha visto dapprima inviato all'estero e poi direttore del più prestigioso quotidiano italiano, alle prese con proprietari, redazioni e mondo politico. Ma non di solo lavoro è fatta l'esistenza: ecco quindi riaffiorare anche gli affetti e le amicizie, la giovinezza genovese durante il fascismo e la guerra, le numerose avventure in barca a vela tra il Mediterraneo e l'Atlantico, gli incontri e le letture che hanno cambiato la vita, l'educazione dei figli e adesso quella dei nipoti. Piero Ottone racconta di sé, delle sue passioni, del suo mondo e traccia un bilancio del proprio vissuto: tesse uno straordinario elogio della vecchiaia, non come età in cui si attende la fine, ma piuttosto come placida stagione dell'anima, in cui i fili dell'esistenza convergono, restituendo un senso di pace e appagamento.