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Per quanto tempo ancora, in Italia, il confronto sul consumo di sostanze psicotrope dovrà passare attraverso il sensazionalismo dei media, il moralismo della società, l'immobilismo alternato alla retorica della politica? Per quanto tempo le evidenze scientifiche saranno ostaggio delle ideologie, dei lobbismi, della disumanizzazione dei consumatori e dei dipendenti patologici? Se i proibizionisti non ammettono il piacere e l'uso ricreativo delle droghe e gli antiproibizionisti escludono aprioristicamente la malattia, entrambi rischiano di estromettere il contesto, le differenze tra le sostanze, l'individualità, la storia personale. Le droghe e i loro utilizzatori non possono essere considerati in maniera univoca. Il libro, muovendosi su un piano sanitario e socioculturale, sulla scorta del modello portoghese e del contributo offerto da alcuni protagonisti del mondo della cultura, propone una visione sul tema più articolata, con un imprescindibile assunto: chi fa uso di droghe non è un criminale.