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Scarse, mal distribuite, tenute a capriccio da maestri, il più delle volte tanto improvvisati quanto incompetenti. Questa fu la realtà delle scuole popolari lombarde nel Settecento. Una realtà su cui verrà a incidere, nel 1775, la riforma di Giovanni Bovara. Da allora, maestri abilitati previo esame e assunti per concorso, uniformità di metodi, di contenuti didattici, di disciplina, di orari diventeranno sempre più una costante del sistema educativo della Lombardia austriaca, con largo anticipo rispetto al resto d'Italia e di buona parte d'Europa. Ma la riforma partiva dalla scuola per andare oltre la scuola. L'istruzione popolare era collocata al centro di una progettualità sociale indirizzata all'arricchimento, pur nel quadro di una sostanziale immobilità di classe, della coscienza e della sensibilità civile di sudditi ormai diventati cittadini. Si individuava così nella scuola uno degli strumenti prioritari nella realizzazione di quel pubblico bene che, nel diventare vessillo ideologico della monarchia asburgica, si ergeva a principio giustificatore dei diritti di intervento dello Stato nella vita quotidiana dei cittadini. In questo lavoro, oltre a ripercorrere, alla luce di nuovo materiale documentario e delle nuove metodologie storiche, i percorsi che portarono alla realizzazione della riforma, si è così voluto ricostruire anche il clima politico, culturale e sociale che li ispirò.