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Quasi due secoli fa - nel cuore antico di Brescia - dove affioravano i resti di una provincia imperiale ricca di ferro, sull'onda di una nuova attenzione per le antichità, veniva alla luce la Vittoria Alata: era la sera del 20 luglio 1826. Da allora la statua divenne meta di generazioni di viaggiatori colti o curiosi turisti, mentre continuavano a sovrapporsi ipotesi e interpretazioni sulla sua datazione, la provenienza, il significato, le differenze con le "sorelle", alate e non. Questo libro racconta lo stupore di quanti hanno recato il loro omaggio alla Nike bresciana, prodigio di potenza e di grazia; riflettendo al contempo sull'evoluzione di una città e di un Paese che della Vittoria Alata si sono appropriati in più modi: mito caro alle istanze risorgimentali, elemento fondante dell'identità nazionale, emblema patriottico nel periodo bellico, sino alle distorsioni nella retorica del Ventennio. Il ruolo simbolico di una statua che persiste nel tempo: la dea tornata a vivere dal buio, poi a vincere e volare. «Qualcosa di sorprendente, ma non impossibile. Qualcosa d'insolito, che premiava un'attesa fiduciosa. Qualcosa accaduto in una serata estiva, che avrebbe offerto ad una città un emblema singolare, una rappresentazione di vittoria e bellezza, forza e solennità».