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Il libro rivolge lo sguardo alla tragica complessità del biennio 1943-1945 allo scopo di indagare le politiche educative della Repubblica sociale italiana, con particolare attenzione alla scuola elementare. Protagonisti sono il ministro dell'Educazione nazionale Carlo Alberto Biggini, provveditori e direttori didattici, maestre e maestri, bambine e bambini, in un contesto segnato dalla guerra, dall'occupazione, dalle deportazioni, dai bombardamenti, dalla violenza efferata e dalla povertà. L'attenzione che il governo di Salò - in continuità con il regime fascista - pose nei confronti dei maestri e della 'scuola del popolo' e la tenacia con la quale, dopo l'8 settembre, operò per riattivarla svelano motivazioni politiche profonde e articolate, connesse alle strategie di sopravvivenza e di legittimazione della Rsi e alla sua affannosa ricerca di identità e di consenso. Nella medesima direzione si possono interpretare i tentativi di ri-nazionalizzare e ri-fascistizzare l'infanzia dopo la fase di disorientamento e di rottura connessa al 25 luglio, alla caduta del duce e all'estate badogliana. Raccogliendo un monito storiografico di Claudio Pavone («anche la Rsi sta nella storia del nostro paese») e l'invito a studiare il biennio 1943-45 da molteplici punti di vista, il saggio si pone in una prospettiva storico-educativa che interseca diverse fonti (dalle circolari ai giornali di classe, dalla memorialistica ai diari, dalle riviste magistrali agli opuscoli di propaganda), alla ricerca dell'incontro tra prescritto ministeriale e vissuto scolastico, senza dimenticare di rilevare tracce non secondarie di storia sociale e materiale.