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La maggior parte delle storie relative all'organismo "museo" cominciano dal Rinascimento, molte addirittura dal Settecento. Per le prime il museo nasce con il collezionismo umanistico e con la riscoperta della classicità, per le seconde con i primi musei pubblici o aperti al pubblico. Ne deriva l'immagine poco credibile di un organismo senza radici e la convinzione limitativa che la tendenza a "musealizzare" sia nata all'improvviso e non costituisca un atteggiamento antropologico diffuso nel tempo e nello spazio, come qualsiasi altra forma d'arte e di comunicazione. Convinti che l'antichità abbia già sperimentato tutti i "generi" della cultura umana, e che nella medialità stessa del fenomeno museale non siano implicitamente necessari nuovi strumenti di diffusione dell'informazione, ma, anzi, desiderosi di capire tanto le numerose suggestioni quanto le invalicabili differenze, abbiamo ritenuto utile tentare di costruire una preistoria o una protostoria del museo ed avventurarci a delineare, foucaultianamente, un'"archeologia della museologia". Nasce, piuttosto, da un'esigenza prettamente museologica, quella che suggerisce, qualora debba esporsi un'opera, di capire innanzitutto come era collocata in origine, come era vista (musealmente) dai primi e più autentici spettatori. Quest'aspetto è stato fin troppo trascurato da una museografia "modernista", per la quale quello che conta è stato sempre il design connesso all'apparato espositivo, e non la reale comprensione, e quindi la reale consonanza, con le opere da esporre. Questo libro è nato, appunto, da tal genere di problematiche e dal desiderio di capire quali fossero le idee-chiave che sovrintendevano nel mondo antico, fra mito, storia e scienza incipiente, all'allestimento di opere d'arte, ma anche di altri oggetti, più tipicamente didattici o d'uso.