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Tra diritti umani e potere politico esiste un rapporto dialettico, tale che, nella loro urgenza di soddisfacimento, i diritti tendono a limitare il potere, che, nella sua ricerca di consolidamento, tende invece a limitare i diritti. Evidenziato e chiarito, anzitutto per via etimologica, questo conflitto perennemente latente e oscillante tra repressione e rivoluzione, il volume ricostruisce i diversi contesti storici, in cui sono state redatte e proclamate tutte le grandi carte declaratorie dei diritti umani, riportate in lingua originale e in una nuova traduzione italiana, che nel caso del Manifesto di abbandono nederlandese e della Legge dell'Habeas corpus inglese risulta essere storicamente la prima. Si giunge così alla scoperta dell'enorme importanza che ebbe quel Manifesto di abbandono, poiché esso fu ispiratore e modello del Bill of Rights inglese e della Dichiarazione d'indipendenza degli USA. Analogamente, dalla lettura comparata dei testi, emerge che tra Germania e Italia esiste un parallelismo giuridico, che dalle rivoluzioni e costituzioni del 1848-1849 giunge, attraverso le leggi razziali naziste e fasciste degli anni Trenta del Novecento, fino alle costituzioni del 1948-1949, contemporanee alla Dichiarazione universale dei diritti umani e come questa ispirate e imposte dal rifiuto delle violenze commesse e subite durante la guerra mondiale. Da questa stessa tragica esperienza ha ripreso forza e slancio il processo d'integrazione europeo, qui ricostruito con puntualità e ampiezza nei suoi fallimenti come nei suoi successi, fino alla proclamazione della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, con cui il potere politico s'impegna a rispettare i diritti delle persone e le autorizza a citarlo in giudizio davanti a una corte indipendente da esso.