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Dopo l'ennesima irriverenza nei confronti della propria figura, infastidito, l'avvocato cerca un'opportunità di riscatto per la sua arcana, nobile, bistrattata, derisa - ma tuttavia tanto temuta e invidiata - professione. L'autore scrive di getto la sua "Lettera al cliente" il quale, in sala d'attesa, attende di conferire con lui. Tenta di illustrargli, prendendosene un po' gioco, il lungo percorso che ha intrapreso prima di sedere dietro quella scrivania, cosa si celi dietro i "consigli" che il cliente gli va a domandare, il viaggio delle sue "preoccupazioni" dopo che le avrà riversate sul professionista e, così, catarticamente rimosse, caricandone invece il "depositario" che faticherà a ricevere la dovuta riconoscenza.