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Entrare nel mistero di un bambino che soffre significa immergersi in una dimensione che ci sfugge nella quasi totalità, perché la sofferenza è, e resta, un mistero. L'istintiva riposta che l'uomo dà al dolore innocente è la più radicale: "non c'è alcun senso alla sofferenza, non esiste alcuna divinità e, se esiste, non possiamo conoscerla e sapere che cosa pensa". Per cui, senza una risposta di utilità, il dolore innocente può essere scartato e addirittura soppresso attraverso le derive eutanasiche pediatriche e statali, che questo testo approfondisce nella loro drammaticità e disumanità. Il mistero, tuttavia, per noi cristiani, ha poco a che fare con l'incomprensibile, non è un muro contro cui si infrangono le nostre pallide certezze, e Dio non è un despota arcigno che ci soverchia e ci chiede di accettare l'inaccettabile, senza obiettare. Anche Papa Francesco, incontrando tanti bambini infermi, è tornato sull'argomento per aiutare i cristiani a fare un cammino nelle piaghe di Cristo, nel dolore innocente, che non ha risposte immediate ed esige una ricerca contemplativa dove trovare una piccola luce che poi orienta la vita.