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L'odio social descrive l'estensione del fenomeno e la sua normalizzazione a registro comunicativo, a storytelling diffuso non solo in rete, ma anche nelle differenti forme della socialità contemporanea. Agli odi storici che colpiscono le minoranze, le ideologie e le confessioni altre, e che spesso si trasformano in estremismi violenti, oggi si aggiungono derive sfuggenti e meno identificabili secondo i criteri dell'ideologia politica o delle discriminazioni religiose: teorie cospirative, infodemie e pandemie della menzogna. Ma come può l'odio essere social? Il titolo evidenzia sicuramente un ossimoro, eppure in rete esso è spesso opportunità e innesco per molteplici forme di narrative producenti e di attivismo civico. I social - e Twitter in particolare - sono sempre più piattaforme dell'empatia che moltiplicano l'odio sociale e allo stesso tempo ne rendono visibili i limiti, provocando le opinioni e le reazioni in una sfera pubblica quanto mai contesa. Il libro riflette sulle tendenze in atto, con l'obiettivo di comprendere il ruolo delle tecnologie nelle trasformazioni e nel trasformismo dell'odio in rete. Il saggio vuole inoltre delineare, attraverso la proposta di alcuni casi di studio, una metodologia di analisi della comunicazione in rete e un approccio alla progettazione di contenuti in grado di abilitare nuove e più efficaci forme di narrazioni inclusive.