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Nell'ambito delle traduzioni dialettali di classici italiani, latini e greci, il primato spetta alla «Gerusalemme Liberata» di Torquato Tasso, che già nel Seicento fu tradotta integralmente in quattro dialetti: bolognese (1628), bergamasco (1670), napoletano (1689), veneziano (1693); nel 1737 si aggiunge il calabrese e nel 1755 il genovese. Traduzione significava in realtà «travestimento», cioè trasposizione su un registro comico-realistico: la trama del poema restava invariata, ma lo stile subiva un abbassamento, con l'obiettivo di un rovesciamento deformante e parodico dell'originale. Domenico Balestrieri avvia la versione milanese nel 1743, in coincidenza con la rinascita a Milano dell'Accademia dei Trasformati, di cui fu tra i rifondatori; la porterà a termine nel 1758 e la pubblicherà nel 1772 col patrocinio di Carlo de Firmian, ministro plenipotenziario della Lombardia austriaca. Nella sua «Gerusalemme» il registro giocoso e comicizzante è prevalente, ma non uniforme, e vi è spazio anche per il serio e il patetico; essa costituisce l'esito più alto nella tradizione dei travestimenti dialettali, dei quali il Balestrieri rinnova e aggiorna lo statuto stilistico alla luce di una raffinata sensibilità poetica.