Tab Article
Un libro che è «in una certa misura, la storia di una vita»; i capitoli come finestre di una grande casa, che regalano al lettore scorci folgoranti dei suoi abitanti, dei visitatori occasionali, di luci e atmosfere, senza tradirne l'ultimo e più intimo segreto. In "Bruciare i giorni" l'eccezionalità dell'esistenza di James Salter - cadetto di West Point, ufficiale dell'aeronautica militare, pilota di caccia, sceneggiatore - si fa romanzo e si dispiega in tutta la sua ricchezza, trasfigurata dalla potenza di una scrittura che illumina, scava, consuma quasi, esperienze, progetti, passioni. Vertiginosa è la varietà di scenari e paesaggi: New York, la Corea degli anni della guerra, Parigi vista con meraviglioso disincanto da espatriato, fino alla Roma di Pasolini e Laura Betti. E insieme agli amici e agli incontri che hanno ispirato i personaggi dei suoi libri, ci sono in queste pagine tutti i cieli e gli aeroplani, le feste, le mogli e le amanti: Salter sembra non poter fare a meno delle donne, per la loro bellezza e le promesse di felicità che nascondono. Costante è in lui l'anelito alla perfezione, all'immortalità, cui può aspirare solo chi non si sottrae alla sfida con il destino e con la caducità dell'esistenza e dei sentimenti umani. Il pilota che affronta l'aereo nemico nella solitudine del proprio abitacolo; l'amante che guarda l'oggetto del suo amore, o l'amore stesso, sfiorire; l'atleta che si prepara a una partita decisiva; lo scrittore in cerca d'ispirazione o in lotta con la pagina scritta. Che si tratti di Saint-Exupéry o di Ed White, di un Kerouac alle prime armi, di Irwin Shaw, di Faulkner o di ignoti compagni di scuola e ragazze di una sera, Salter ci rivela, evocandone il ricordo, tutto quel che può essere la vita, a saperla e volerla raccontare.