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Neutralità o intervento? Lo scoppio della guerra europea, nell'estate del 1914, aprì nell'opinione pubblica italiana un aspro dibattito. Lo stesso Partito socialista, formalmente trincerato dietro la parola d'ordine della "neutralità assoluta", era in verità diviso, al suo interno, tra spinte divergenti e non facilmente conciliabili, di cui il caso Mussolini fu solo la punta dell'iceberg. Il tema ha appassionato gli studiosi, sconfinando spesso nella polemica politica, tra gli anni cinquanta e settanta, per poi essere progressivamente abbandonato: l'attuale centenario della Grande guerra sembra dunque l'occasione per tornare a parlarne, magari da prospettive storiografiche e generazionali, per quanto possibile, nuove. La prima parte del volume affronta la questione nei suoi termini generali, abbozzando anche un panorama di ciò che accadde nelle diverse parti del paese (quadro ancora in gran parte da delineare, ma comunque assai più ricco, complesso e contraddittorio di quanto generalmente si sia portati a credere). La seconda parte approfondisce invece un caso specifico, quello del socialismo veneto: di una regione, cioè, posta al confine tra Italia e Impero austro-ungarico, dove la guerra materialmente si combatté. E forse proprio per questo il travaglio del movimento socialista, lacerato dall'alternativa tra principi internazionalisti e sentimenti patriottici, appare qui particolarmente evidente.