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«Tutto è iniziato verso fine settembre 2020. La pandemia di Covid-19 continua a trattenermi a Roma, la mia città, dopo anni di spostamenti continui. È da poco trascorsa un'estate di apparente ritorno alla «normalità», quando con il nuovo decreto il governo dispone la chiusura di cinema, teatri e siti museali. Per non ripiombare nell'inerzia, progetto allora con i miei collaboratori, Marta, Emma e in seguito Nina, una serie di visite negli studi romani di diversi artisti; alcuni di loro sono amici di lunga data, altri nuove «scoperte», almeno per me. Il ragionamento alla base dell'iniziativa è semplice: se il pubblico non può accedere alle mostre nei musei pubblici, è direttamente agli artisti che occorre rivolgersi per trovare accoglienza. Realizziamo una serie di visite documentate con video e foto, intitolata While Museums are closed in Rome here is Artist Studio Visit number #, e le diffondiamo su Instagram. L'iniziativa va molto bene, anche al di fuori del circuito degli addetti ai lavori che stanno cominciando a interessarsi a queste esperienze. Segno che per tutti noi - creatori d'arte, fruitori, curatori, organizzatori di eventi - l'unica risposta possibile all'immobilità non poteva che essere la ricerca di differenti modi di scambio e contatto, anche al di là delle cornici istituzionali. Del resto, nel corso delle mie visite ho avuto modo di verificare che questa fortissima necessità di interazione feconda sono loro, gli artisti, ad avvertirla per primi. Scopro così una realtà nuova: come in altre città europee, sempre più spesso a Roma si prediligono spazi di lavoro comuni, che favoriscono la cooperazione e la ricerca condivisa. Questi spazi, autentici laboratori, catalizzano le energie creative e le irradiano nella comunità, contribuendo a ridisegnare la geografia della cultura cittadina: mi hanno fatto riscoprire le periferie, propulsive e fluide, che si mescolano con il centro, in un itinerario urbano guidato dall'arte. Decidiamo, all'istante, di documentare il fenomeno, e subito il progetto si amplia, coinvolgendo alcuni degli artisti e curatori appartenenti a questi spazi collettivi: Lulù Nuti, Giuseppe Armogida, Andrea Polichetti e Alessandro Giannì. È così che nasce questo libro. VERA, in latino, vuol dire «primavere»; ma VERA è anche un nome di donna e un aggettivo; VERA, perché «autentica», «genuina» è la realtà che abbiamo provato a raccontare, e «autentico», «genuino», è stato il nostro approccio a questo universo, nella consapevolezza che ogni tentativo di fissare su carta una rete in continuo divenire è, per forza di cose, una risposta parziale e in un certo senso inadeguata. Mentre realizzavamo il volume, nuovi spazi collettivi hanno - letteralmente - gettato le fondamenta, altri si sono evoluti, tutti continuano a trasformarsi. Ci saranno modi e tempi per inseguire questi entusiasmanti sviluppi. Intanto, non posso qui che esprimere la più profonda gratitudine ai miei compagni di viaggio, a chi mi ha sostenuto e ha creduto in questo progetto e, soprattutto, agli artisti. Per quanto ho ricevuto da loro, per quanto continuo a ricevere. Per la possibilità, che VERA mi ha offerto di ripensare la mia identità e il mio ruolo, chiamandomi a un'esperienza nuovissima come può essere, per me, quella della progettazione e realizzazione di un libro.» (Damiana Leoni)