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Un critico pignolo all'inverosimile commenta le più note e scolasticizzate poesie italiane, e trova errori di calcolo, di misura, di chilometraggio, di logica, e poi errori di meteorologia, di tempi di percorrenza, di acustica, di assonometria, di parallasse e così via. E vorrebbe consigliare l'autore, se mai tornasse in vita, di aggiustare la sua poesia, perché se già è in parte valida, lo diventerebbe di più. Va detto che ci si appassiona a leggere queste meticolose e paradossali disamine, senza che il poeta, se è un grande poeta, ne resti scalfito o irriso. Casomai è il critico che, nella sua maniacalità, nella sua stringente incomprensione, diverte.