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Il rapporto tra operaismo italiano e architettura è stato, negli ultimi anni, oggetto di una particolare attenzione da parte della critica internazionale. Si tratta di un capitolo del pensiero italiano, forse per troppo tempo trascurato, che vede al suo centro il lavoro di Manfredo Tafuri e della scuola di Venezia, ma che, sul finire degli anni Settanta, si apre ad altri percorsi di ricerca e si conclude con una serie di domande inevase - ancora attualissime - sul ruolo, la funzione e le possibilità inesplorate dell'arte del costruire nel suo rapporto con i grandi spazi dell'urbanizzazione contemporanea. Libera da ogni residuo di nostalgia, corrosiva nei confronti delle più diffuse mode culturali, la critica operaista dell'architettura ha tratteggiato i limiti ideologici della disciplina e i contorni materiali di un settore determinante della produzione contemporanea, attraverso un brillante incontro tra filosofia e tecnica, militanza politica e pratiche professionali.