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Vissuto nel V secolo a.C., all'epoca del massimo splendore di Atene, Sofocle rispecchia nelle sue opere l'ideale di sereno equilibrio che permeava la cultura greca in quegli anni. Eppure, come nota Filippo M. Pontani, egli non è affatto così limpido o apollineo come si crede; anzi, dei tre tragici, è quello stilisticamente più imprevedibile. A metà tra Eschilo e Euripide, non ha più lo slancio profeticamente religioso del primo e non conosce ancora il gusto razionalistico del secondo. Nelle sue tragedie la lucida consapevolezza dell'infelicità umana è unita la sentimento delle dignità insita in ogni sofferenza, l'analisi razionale coesiste con la percezione delle forze oscure cui soggiace il destino degli uomini. È proprio questa profonda intuizione che Sofocle fa vivere attraverso le figure del mito: per questo i suoi personaggi, da Antigone a Elettra a Edipo, hanno conosciuto nei secoli una fortuna che va al di là dei motivi puramente letterari. Antigone, Aiace; Edipo re; Elettra; Filottete; Le Trachinie; Edipo a Colono; I segugi.