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I "Canti Orfici" sono, soprattutto, un incalzante susseguirsi di paesaggi interiori, inquieti, tesi e spaventati. La descrizione di un pomeriggio qualsiasi, o di un remoto borgo toscano, diventano così il pretesto per una confessione intima e carica di disperazione, in cui il poeta mostra - quasi senza pudore - tutti i suoi nervi scoperti. Dotato di una sensibilità straordinaria, Dino Campana si distacca dai suoi contemporanei, forse più quieti di lui, per dare espressione a una poesia fatta di ricordi, sogno e solitudine, a tratti violenta, e densa di una capacità di visione profonda e delicata. "Ma per il vergine capo Reclino, io poeta notturno Vegliai le stelle vivide nei pelaghi del cielo, Io per il tuo dolce mistero Io per il tuo divenir taciturno".