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Nell'arco che va dalla Vie des formes di Focillon (1934 e 1939) al saggio di Luigi Pareyson, Estetica: teoria della formatività (1954), la tesi di Eugenio Battisti, Contributo ad una estetica della forma (1947) si situa come un ago sensibile tra riflessione e sperimentazione. La tesi e il ragionato e variegato agire di Eugenio Battisti, ricostruito da Giuseppa Saccaro Del Buffa, non solo mettono a vivo nervature dimenticate, o volutamente cancellate, della vita delle arti nel dopoguerra torinese, ma rivelano un pensiero estetico ed etico di consapevole profondità: ogni imitazione, ogni variazione, ogni rottura di canone, in fondo altro non è che «desiderio di forma».