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Luigi Lanzi, considerato il padre della moderna storia dell'arte italiana, viene qui riconsiderato nella sua intera produzione. Ne emerge un vero e proprio "sistema" storico-filosofico, empirista nell'attenzione alla variegata fenomenologia dell'arte, ma teso a inserirla in dinamiche cicliche di progresso e decadenza, che riconfigura Lanzi come originale pensatore, pienamente aggiornato sul contemporaneo dibattito su fini e metodi della storiografia, e al contempo fedele alla formazione enciclopedica, di matrice gesuita, di erudito e antiquario. Al termine del saggio sono ripercorse sinteticamente le alterne vicende della fortuna lanziana nell'Otto e nel Novecento, fino allo straordinario recupero longhiano. Giunto a questo snodo cruciale, l'autore distingue fra la ricezione, spregiudicata ma paradossalmente fedele ai presupposti enciclopedici, del metodo di Lanzi, così come si riconfigura in Longhi, e la sua esclusiva, e dunque riduttiva, annessione al metodo dei conoscitori, veicolata successivamente dalla scuola.