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Partendo dall'idea che l'architettura sia un'arte infelice, cui risulta inattingibile la "facilità" diretta con cui agiscono pittori e scultori, il libro affronta la questione del disegno assumendola come elemento costitutivo dell'ideale altrove di natura persino letteraria, nel quale la sostanza umanistica dell'architettura si traduce nella libera definizione di programmi, utopie, fantasie, narrazioni che fanno del foglio disegnato la pagine di un libro non scritto, ma, appunto, disegnato.