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"Una chiesa che dimentica i suoi martiri non è degna di vivere" (Mgr. Pedro Casaldàliga, vescovo di São Félix, Brasile). La Chiesa ha un debito di gratitudine verso quei missionari che, lasciata la propria terra, sono stati testimoni miti, ma audaci del vangelo. Questo il fil-rouge che accompagnerà i commenti alla Parola dell'Anno C, dedicato all'evangelista Luca. I tempi e i luoghi del loro estremo sacrificio sono diversi, come pure i nomi dei loro carnefici, ma le ragioni della loro condanna capitale sono simili: l'avversità al vangelo e il disprezzo della fede. Nessuno di loro nasce eroe: "Ho paura" ha confessato in tutta onestà padre Egidio Ferracin, missionario in Uganda, dopo essere scampato a un'intimidazione -, "perché la parte dell'eroe non mi si addice". "Come granellini di sale lasciamoci gettare da Gesù dove egli vuole, per spargere il suo sapore e non i nostri profumi" (don Andrea Santoro, martire in Turchia).