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Non si tratta né di imparare l'ispirazione, né di insegnare l'arte e neppure di scegliere fra i corsi di scrittura e corsi di lettura. In uno stile diretto, volutamente disadorno e sottotono, Gardner affronta i problemi del mestiere e non quelli del talento, le nevrosi quotidiane e non quelle del genio. Con esempi, citazioni e suggerimenti mai da critico, ma da maestro nel senso più autentico della parola, Gardner parla dei problemi minimi della scrittura, della resa degli effetti, della necessità di riscritture e revisioni, delle letture, della punteggiatura, dello "sguardo" dello scrittore, fino ad arrivare all'esame del rapporto con l'ambiente esterno, al metodo di riconoscimento dei buoni e dei cattivi corsi di scrittura, alla decisione della pubblicazione (quando e dove), all'interazione necessaria con la figura dell'editor. Certo, Gardner si assume il rischio di incoraggiare i giovani scrittori, ma con una riserva, che dà ironica misura della sua coscienza del problema e che consiste nel non dare a per scontato, neppure che lo scrittore non debba "imparare l'ortografia".