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I paradisi artificiali rappresentano mondi, frutto dell'uso dell'hashish e dell'oppio, che gratificano l'uomo e al contempo lo condannano, che attraggono e respingono, che destano ammirazione e disprezzo. Nient'altro che mondi per sfuggire alla realtà empirica e per appropriarsi dell'infinito, nel vano tentativo di elevare se stessi. In questo saggio l'autore usa uno stile evocativo e allusivo, netto e intricato, e periodi caratterizzati da grovigli di subordinate, che talvolta si avviluppano tanto da sembrare una riproduzione su carta della confusione dei suoi pensieri "allucinati". In tutta l'opera Baudelaire descrive gli "effetti prodigiosi" e le curiosità sulle due droghe, hashish prima e oppio poi, con un approccio altalenante, che parte dall'elogio e da una sorta di apologia per giungere poi all'abiura e l'abnegazione per tali sostanze che forzano l'uomo alla schiavitù.