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Giunto dalla Grecia tra il III e il II secolo a.C., il culto di Priapo, divinità agreste dall'esuberante sessualità associata al culto di Dioniso, riscosse subito un enorme successo. A Priapo sono indirizzati i Carmina Priapea, una raccolta di ottantacinque brevi componimenti variabili per metro, lunghezza e tono, ora sommessamente elegiaci ora salaci e scherzosi, che lo esaltano come simbolo della forza generatrice e della prosperità per uomini e animali. Carmi dal tema scabroso e poco adatto alla severa gravitas romana, dunque, ma opera di poeti (rimasti anonimi) certo tecnicamente esperti e non ignari della tradizione culturale latina e greco-ellenistica. A Edoardo Bianchini si devono l'introduzione, la traduzione e l'apparato critico che mette in luce il fitto sostrato di rimandi e citazioni letterarie sottese al testo.