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La pelle come tela, i colori della terra come tavolozza: dipingere il corpo è un'arte antica - le sue prime testimonianze si ritrovano sulle pitture e incisioni rupestri -, radicata nella cultura di molti popoli primitivi ma non del tutto estranea al mondo occidentale, oggi più che mai affascinato da tatuaggi e piercing. Armate soltanto del loro obiettivo - e di uno spirito di avventura che ha dell'incredibile - le fotografe Carol Beckwith e Angela Fisher hanno attraversato a più riprese l'Africa, documentando con passione le diverse forme di decorazione della pelle che vi si trovano: la pittura del corpo con pigmenti a base di gesso, ocra e carbone diffusa fra le tribù della valle dell'Omo, i Masai del Kenya e gli Himba della Namibia; i delicati tatuaggi all'henne delle donne swahili e dei nomadi wodaabe del Niger; o ancora la pratica, assai più cruda e dolorosa, della scarificazione, variamente attestata e che, contrariamente alle tecniche precedenti, lascia sulla pelle segni indelebili. Ingredienti, tecniche e motivi delle decorazioni differiscono da tribù a tribù, così come sono diversi a seconda dei contesti e del momento i significati che ciascuna di essa vi attribuisce: forma di abbellimento del proprio corpo per attrarre il sesso opposto, modalità di affermazione della propria identità tribale, mezzo per intimorire il nemico o strumento per facilitare l'accesso del fedele al mondo degli spiriti.