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Palermo 1979. Sdraiato sull'asfalto, sotto un telo bianco che lascia intravedere lineamenti familiari, c'è un uomo che è morto per una colpa imperdonabile: ha parlato. Quell'uomo si chiama Mario Francese e per primo ha osato scrivere della trasformazione imprenditoriale di Cosa Nostra, degli interessi mafiosi intorno alla ricostruzione del Belice terremotato e alla realizzazione della diga di Garcia. Suo figlio Giuseppe quel giorno ha dodici anni. Sente sei colpi di pistola, scende in strada e vede il corpo del padre gettato nel parcheggio. A distanza di vent'anni ha cercato testimonianze, ha raccolto materiali, si è fatto giornalista investigativo per regolare i conti col passato. E alla fine è riuscito a far condannare mezza Cupola: Bagarella, Riina, Provenzano, esecutore e mandanti della morte del primo cronista a fare il nome di Totò Riina su un giornale. Ma purtroppo anche per Giuseppe è in agguato un terribile epilogo. Come due fili intrecciati, le loro vite seguono una traiettoria simile, un percorso che condurrà entrambi a una morte prematura. Questo libro ricostruisce la vicenda che portò all'uccisione di Mario Francese, raccontando al contempo la storia di un padre e di un figlio e di un'intera famiglia - spezzata dalla violenza della mafia. E restituisce alla coscienza collettiva un patrimonio di onestà che il tempo non può e non deve cancellare.