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Moujroum è furbo, indipendente, curioso e talvolta crudele come ogni gatto. Ma ha qualcosa di diverso da tutti gli altri felini: dopo aver mangiato l'insopportabile pappagallo di casa ha acquistato miracolosamente il dono della parola e ha cominciato immediatamente a farne uso in modo impertinente e sfrontato. Per questo il suo padrone, il rabbino Abraham, lo prende con sé, sottraendolo alla compagnia della bella figlia Zlabya, con l'intento di istruirlo e farlo diventare un buon ebreo. Non ha fatto però i conti con l'insolenza e lo spirito critico del gatto, insofferente a dogmi e precetti e capace di tener testa a qualunque maestro. In realtà, più di ogni altra cosa Moujroum desidera tornare tra le braccia dell'amata padrona, e per farlo è disposto a tutto. Mentre la sua educazione procede, il gatto non rinuncia a esplorare i vicoli della sua Algeri, e si trova perfino ad attraversare il mare per raggiungere Parigi con i suoi padroni: con lo stesso sguardo penetrante scruta umani e animali, ebrei e arabi, studenti di teologia e miscredenti irremovibili, colonizzatori europei e colonizzati africani. Intriso dell'umorismo tipico del la tradizione ebraica, "Il gatto del rabbino" è un ciclo di racconti (di cui questo volume raccoglie i primi tre) che ha il sapore di una favola moderna - ambientata nell'Algeria di inizio Novecento, una terra magica, affascinante e piena di contraddizioni.