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Recitano i dizionari che la parola occasione porta dentro di sé un rimando al caso, all'accidente, a ciò che è fortuito, ma simile connotazione, spesso giudicata negativamente, mette in ombra quanto ad essa si lega costitutivamente: l'incontro. I saggi che compongono il primo volume di "Psyché. Invenzioni dell'altro" sono stati ordinati da Jacques Derrida proprio a partire dall'idea che l'altro, in qualunque modo irrompa o si annunci, è sempre occasione di un incontro in cui pensieri, domande e sollecitazioni si ritrovano nell'unità di un'esigenza fondante e, nello stesso tempo, ambigua: giocare fino in fondo e senza protezioni la questione della verità. Una verità sempre inseguita e interrogata attraverso conferenze, studi, missive in cui mittente e destinatario scoprono - non senza difficoltà - di parlare una lingua che li supera entrambi, conducendoli altrove rispetto a progetti e attese: si tratti di Roland Barthes o di Lévinas, di psicoanalisi o di metafora, di impossibile definizione di «decostruzione» o di Platone, Derrida «prende la parola» nel senso letterale dell'espressione (vale a dire arrischiando la responsabilità verso l'altro a cui si parla) e lascia che essa parli al di là di intenzioni o desideri. I saggi qui riuniti sono dunque molto più che una semplice raccolta: in essi - scrive Derrida - si viene tratteggiando una «teoria discontinua» in cui i testi si richiamano e si corrispondono a partire dai «nomi propri» che ne innervano il procedere.