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Chi legge le opere di sant'Ambrogio incontra l'esegeta sottile e fantasioso, il teologo occupato a illustrare i misteri della fede, il mistagogo paziente che spiega i riti sacri, il maestro persuasivo ed esperto di vita evangelica, il dottore ardente della mistica cristiana, il polemista lucido e stringente, il retore dal discorso curato e persino artificioso, il poeta dal gusto e dalla sensibilità raffinata e con momenti felicissimi: tutto questo incontra. Ma, oltre a ciò, il lettore di sant'Ambrogio s'imbatte nell'uomo di preghiera, di una preghiera che sgorga spontanea, con un trapasso senza preavviso. La riflessione è diventata orazione, il pensiero si è acceso in invocazione, al concatenarsi del ragionamento è succeduto il colloquio, effuso talora lungamente, come a lasciare espandere i sentimenti che urgono nel cuore. Forse, più dell'operosità della pastorale, più della dignità e fermezza del governo, più della nobiltà del comportamento, energico e paziente, tenace e misericordioso, abile e lungimirante, sono la poesia e la preghiera del vescovo di Milano a introdurre alla conoscenza più profonda del suo animo, alla sorgente della sua azione efficace e incisiva.