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Ricostruire la formazione accademica e l'entrata sulla scena pubblica di una personalità come quella di Antonio Salandra (1853-1931) va ben oltre il non facile e tutt'altro che scontato atteggiamento tenuto dal suo governo allo scoppio della Grande Guerra nel 1914, alla sua ostentata opposizione al sistema giolittiano e, infine, ad una presunta, possibile o probabile alternativa a quest'ultimo. Tentando di delineare cosa si celasse dietro la formula affascinante ed ambigua del "liberalismo nazionale" il volume traccia limiti e potenzialità di un progetto politico che non ebbe, al di là di evidenti incapacità personali dei suoi protagonisti, la forza per sostenersi. L'indagine psicologica e comportamentale della figura del Presidente del Consiglio dimostra come le circostanze probabilmente irripetibili nelle quali egli si trovò ad operare, cercando di evitare rotture definitive in politica estera, ma sfruttando le incertezze di Giolitti per utilizzare a proprio vantaggio la scelta dell'intervento in guerra, rappresentassero un vero e proprio trauma per Salandra, "costretto" ad accelerare la fine del regime liberale e "condannato" a perdere una guerra che era anche quella del "mondo di ieri" contro la società del XX secolo.