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In una città che conta oramai circa un milione di abitanti (tale era Roma agli inizi del principato), e dopo quali un secolo di guerre civili, le esigenza di mantenimento dell'ordine pubblico assumono un rilievo sempre più accentuato. Nel seguire la genesi e gli sviluppi dell'ufficio della praefectura urbi nata sotto la spinta della necessità, come scriveva Tacito in un celebre e discusso passo degli Annales, "di tenere a freno gli schiavi più turbolenti che l'audacia spinge alla sedizione, qualora manchi il timore della forza" l'autore analizza il nuovo assetto dell'urbs XIV regionum,e il crescente ruolo dei prefetti e della burocrazia, per sottolineare come pure nella ridefinizione dell'ordinamento amministrativo della città si avverta, al di fuori e al di là di una propaganda tutta tesa a celebrare l'immagine di una restaurazione della prisca forma rei publicae, il profondo mutamento nell'ordinamento costituzionale impresso dalla politica di Augusto. Un nuovo ordinamento in cui si afferma e si consolida anche il ruolo di corpi militari, quali i pretoriani e gli urbani ciani, vera e propria polizia alle dirette dipendenze dei funzionari del princeps, che, capaci di assicurare un controllo capillare e pervasivo del territorio, rappresentano strumento per controllare, reprimere e normalizzare ogni forma di latente dissenso.