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Resterebbe deluso chi cercasse in questo epistolario, uno dei più celebri della letteratura italiana, una chiave per entrare nell'officina del poeta di Recanati. Quasi mai vi si parla di poesia, mentre abbondano, pur tra pudori e reticenze, notazioni biografiche, riflessioni, sfoghi, rimpianti che aprono squarci sulla interiorità più profonda dell'autore. La lettura di queste pagine conduce alla scoperta di un Leopardi diverso, intimo: un uomo, prima ancora che un poeta, che discorre di illusioni e delusioni, che ha una terribile paura della solitudine, che rivela debolezze e confessa la propria infelicità, e soprattutto non risparmia ai suoi interlocutori la descrizione meticolosa dei propri malanni tanto che l'infermità e la fragilità fisica diventano uno dei temi centrali, ossessivi dell'epistolario. In un fitto alternarsi tra momenti di fredda razionalità (come nella corrispondenza col padre Monaldo) e improvvisi abbandoni del cuore (come nelle lettere a Ranieri che sorprendono per l'inatteso linguaggio amoroso), l'epistolario si rivela il documento di una vita, la «storia di un'anima» che nella poesia ha cercato la salvezza senza forse trovarla. Prefazione di Fernando Bandini.