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Uno dei luoghi comuni della storia dell'economia e della politica attribuisce alle grandi multinazionali la responsabilità delle ingiustizie del pianeta e i difficili rapporti tra i paesi ricchi e il resto del mondo. L'impatto delle grandi compagnie commerciali, finanziarie, minerarie e industriali non è stato mai studiato a fondo, anche se è innegabile che dai tempi del colonialismo a oggi abbiano svolto un ruolo fondamentale. Daniel Litvin ha ricostruito le vicende di una serie di grandi imprese internazionali, a cominciare da quelle attive nell'epoca coloniale, come la British East India Company, la British South Africa Company e la South Manchurian Railway; per arrivare fino alla United Fruit e all'ENI, alla Monsanto, alla Royal Dutch/Shell e alla Nike. L'azione di questi giganti economici, così goffi e miopi, spesso incompresi nella madrepatria e all'estero, portatori di interessi a volte incompatibili, ha generato omicidi, colpi di stato, dirottamenti, sequestri. Quelli documentati in questo studio sono casi emblematici, situazioni di crisi e di malessere che non restano confinate nella sfera economica, ma hanno conseguenze sociali, culturali, politiche, diplomatiche, ambientali. Evitando le condanne ideologiche, Litvin offre una serie di utili indicazioni. Perché, via via che le maglie della globalizzazione si fanno sempre più strette, è necessario costruire condizioni che rendano meno problematico e rischioso l'impatto delle multinazionali sui territori, le culture e le società.