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Nonostante la sovraesposizione televisiva, la rimozione culturale sul tema del dolore è costante. L'autore sceglie di parlare della sofferenza, convinto che riconoscere e dare un nome al proprio dolore metta in sintonia con quello dell'altro e che aprirsi al dolore altrui renda più sensibili alle sfumature del soffrire. Il libro parla del dolore, ma anche, e soprattutto, della speranza: la grande speranza, che soddisfa le profonde inquietudini del cuore, e le piccole speranze, che permettono di continuare a camminare.