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Il volume propone la prima traduzione in lingua italiana, con ampia introduzione e ricco commento, di uno scritto cristiano in passato attribuito a san Cipriano, vescovo di Cartagine, ma oggi ritenuto opera di un ignoto vescovo operante verosimilmente a cavallo tra III e IV secolo. In questa catechesi rivolta ai fedeli, l'autore mette in evidenza la connotazione idolatrica e le gravi implicazioni morali connesse al gioco dei dadi. Per argomento lingua e stile, lo scritto costituisce qualcosa di unico nella letteratura cristiana dei primi secoli, e dunque rappresenta una testimonianza di straordinario interesse per conoscere sia il gioco d'azzardo nel mondo tardoantico sia la posizione della Chiesa in merito ad esso. Tale pratica doveva all'epoca essere piuttosto diffusa, se il concilio di Elvira, all'inizio del IV secolo, prendeva provvedimenti contro i cristiani che giocavano ai dadi per denaro, allontanandoli dalla comunione finché non si fosse completamente estirpato il loro vizio.