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L'epistolario di Seneca e san Paolo, ambientato nella Roma neroniana, è un prodotto della letteratura pseudoepigrafa del IV secolo. La preoccupazione dell'anonimo autore non è tuttavia di natura filosofico-religiosa, problematiche queste praticamente assenti da tutta la corrispondenza. Viceversa l'avversione per la forma e lo stile dei testi biblici, lontano dai canoni classici, rappresentava in quel tempo l'ostacolo maggiore che le persone colte, educate alla scuola dei retori, dovevano superare prima di abbracciare in toto la fede cristiana. Di queste istanze si fa interprete l'autore il cui scopo è in primo luogo quello di raccomandare la lettura delle epistole paoline agli uomini colti, mostrando come lo stesso Seneca, pur criticandone la forma, avesse saputo apprezzare il contenuto e riconoscerne la divina ispirazione. Egli inoltre esorta i cristiani a una educazione retorico-stilistica, al riconoscimento della utilità della cura formale e alla valorizzazione del patrimonio della tradizione classica. L'accostamento di Seneca, considerato come erede e depositario del patrimonio culturale classico, e Paolo, l'Apostolo delle genti, assume un valore emblematico: è l'espressione di una tendenza viva nella tarda antichità che mira al superamento del conflitto tra paganesimo e cristianesimo e a una integrazione e sintesi tra cultura classica e tradizione cristiana.