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Se è facile comprendere l'umanità di Gesù, ben più controversa è l'accettazione della sua divinità, una fede che nasce nel mondo religioso del giudaismo ed è presente, secondo categorie proprie, nelle testimonianze più antiche che si ricavano dai testi del Nuovo Testamento. Lo studio, che propone un approccio essenzialmente storico-critico, scarta l'idea di un uomo divinizzato dai suoi seguaci - ritenuta da escludere nell'ambiente giudaico nel quale è nata la prima comunità cristiana - e focalizza l'attenzione sui titoli con cui egli presenta se stesso. Le parole e l'attività del Gesù prepasquale rivelano infatti una coscienza relazionale (filiale in rapporto a Dio, pro-esistente in rapporto all'uomo) e funzionale, cioè consapevole di un mandato unico nella storia della salvezza. L'unanime testimonianza degli scritti neotestamentari svela l'orizzonte di un Gesù "innestato in Dio", non uomo divinizzato né altro Dio accanto a JHWH, ma volto del Dio unico nella sua realtà di comunione.