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È alla ricerca del fratello piccolo, partito con l'intenzione di raggiungere l'Europa e mai arrivato, che Ibrahima Balde lascia la Guinea e il lavoro di camionista, per intraprendere un viaggio che non voleva fare, ma che è comune a migliaia di africani. Questo romanzo è la cronaca, lucida ed essenziale, della vita di Ibrahima Balde, da lui stesso raccontata, e trascritta dal poeta Amets Arzallus Antia. Una voce che ci fa capire, senza vittimismo ma in tutta la sua drammaticità, cosa sono la traversata del deserto, il traffico dei migranti, la prigionia, le torture, la violenza della polizia, il viaggio in mare, la morte. Una voce ferma, così chiara e profonda da diventare a tratti poetica, che ci racconta cosa significa conoscere la sete, la fame, la sofferenza. Esistono mille motivi e storie che portano una persona ad attraversare il Mediterraneo per cercare di raggiungere l'Europa. La disumanizzazione delle loro morti, le espulsioni, le vite illegali sembrano necessarie per alimentare la nostra indifferenza. In realtà ognuna di queste vite è unica e universale e questo racconto ne è la drammatica testimonianza.