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Un memoir la cui attualità non smette mai di bruciare e riguardarci da vicino. Henri Alleg nel 1957, al culmine della guerra in Algeria, è il direttore del quotidiano comunista «Alger républicain», dalle cui colonne denuncia i metodi brutali degli occupanti. Quando il giornale viene dichiarato fuorilegge è costretto a darsi alla clandestinità. Alleg è cittadino francese, cresciuto a Parigi e trasferitosi in Algeria per prendere parte a una lotta che sente appartenergli. Eppure, alla sua cattura, l'esercito francese, per ottenere informazioni sulla rete di contatti della resistenza, non esita a sottoporlo al trattamento che toccava a tutti i militanti anticolonialisti catturati: waterboarding, elettroshock, ustioni in ogni parte del corpo. Molti non ne uscivano vivi. Alleg non solo ne esce vivo ma con lui sono sopravvissute anche le sue parole, scritte nelle condizioni estreme della prigionia, fatte trapelare di nascosto, e cariche di una potenza che ancora oggi non ha pari. «La "tortura" non è nulla di inumano; è solo un crimine ignobile e lurido, commesso da uomini contro altri uomini, e che altri uomini ancora possono e debbono reprimere... Alleg ha strappato la tortura alla notte che la ricopriva; avviciniamoci, guardiamola alla luce» (Jean-Paul Sartre). Con una postfazione storica di Caterina Roggero sulla guerra d'Algeria. Introduzione di Jean-Paul Sartre.