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Ci sono solo tre tipi di persone tra i giocatori di football: i sempliciotti, i pazzi scatenati e gli esiliati. E se le prime due categorie sono abbastanza facili da capire, i più affascinanti sono gli uomini che eleggono a patria il geometrico poligono del campo, coloro che nel gioco trovano una distanza in cui scontare l'esilio dalla Storia e dalla colpa. Gary Harkness è uno di questi uomini. Running back della squadra del Logos College, Gary ha girato molte squadre e università prima di arrivare lì. Questo perché per applicare le regole di un gioco, bisogna crederci almeno un po' a queste regole: e Gary invece sembra dotato di un'enorme, inesauribile incredulità. "End zone" è il racconto di una stagione di vittorie senza precedenti per la squadra della Logos, vittorie che però non danno a Gary quell'agognata pace spirituale che invece trova in un altro "gioco". Proprio in quest'annata di trionfi, Gary inizia a sprofondare nello studio delle armi nucleari, delle strategie militari di annientamento globale, delle prove generali di apocalisse. Quella di Gary è una fuga dalla paura della morte, dal terrore del tempo e delle passioni, è la ricerca di una dimensione in cui "i pensieri siano improntati a una sana ovvietà, le azioni non siano gravate dalla Storia, dall'enigma, dall'olocausto o dal sogno". Ma nel momento in cui manca la morte, manca anche la trascendenza e quindi l'accesso al sublime: il linguaggio non trasmette più niente e l'apocalisse diventa un'opzione come un'altra.