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Le città del mondo stanno modificando quella forma non solo lungamente preparata e costruita nei trattati di architettura, ma anche ben impressa nella mente degli abitanti. Le idee e le visioni che hanno rappresentato le forme della città, proprio perché sfidate dalla grande trasformazione contemporanea, sembrano ora ritirarsi da quello che erano, irrinunciabili direzioni di senso della nostra civiltà. Ma fino a che punto possiamo ridare senso all'idea di centro, messa in crisi nella post-metropoli dispersa come Los Angeles o nell'ubiquità del "villaggio globale"? Nell'epoca dei flussi possiamo continuare a pensare come circolare la forma della città, anzi delle "città di città" che crescono per gemmazione? A loro volta, periferie e ghetti sono versioni dell'idea di bordo che definisce i regimi dell'inclusione e dell'esclusione: oggi proprio le terre di confine sono i nuovi luoghi della trasformazione. Se la città ha sempre selezionato e marcato gli spazi, ha anche sempre cercato nuove combinazioni invadendo e mescolando zone. La rete è dunque la forma-archetipo delle città e della loro infinita capacità riproduttiva e connettiva. Ricostruendo la complessa storia culturale di questi concetti-chiave, ed esplorandone la persistenza rispetto alla realtà attuale, l'autore riflette criticamente sulle teorie e pratiche politiche e sociali più diffuse relative alle trasformazioni urbane in corso.