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Al momento dell'Unità gli italiani che sapevano leggere e scrivere erano appena 6 milioni, un quarto della popolazione. È legittimo sospettare che tra questi molti fossero alfabeti dalle incerte capacità. Gli italofoni erano inoltre una ridotta minoranza, in prevalenza concentrati in alcune regioni del Paese. Da quel momento venne ingaggiata una vera e propria guerra all'ignoranza, combattuta su più fronti: la scuola innanzi tutto, ma anche mediante le tante iniziative promosse da benefattori e filantropi per adulti, soldati, giovani lavoratori, donne. Il volume lo documenta con ampiezza di dati e ricchezza di documentazione. Non mancarono aspetti contraddittori. Fu a lungo persistente il timore che un eccesso di istruzione potesse avere pericolose conseguenze sul piano degli equilibri sociali e non tutti fruirono allo stesso modo del diritto alla conoscenza. Ma bisogna riconoscere che, pur fra limiti e difficoltà di ogni genere, la conquista dell'alfabeto rappresentò un fenomeno davvero epocale. Lo dimostrano sia la varietà dei luoghi dell'alfabetizzazione sia quella dei protagonisti in campo: politici e intellettuali, pedagogisti e uomini di scuola, preti e massoni, socialisti e cattolici, ciascuno con la sua fede ideale, ma tutti convinti che l'Italia unita non potesse più tollerare italiani senza alfabeto.