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Il premio Nobel Amartya Sen è tra i pochi che, con le parole del «Financial Times», si possa definire un «intellettuale globale». Personalità di altissimo profilo nel campo dell'economia e noto per i suoi interventi in materia di povertà e diseguaglianze - un impegno ispirato certamente dagli eventi cui ha assistito durante l'infanzia e la prima adolescenza nel Bengala occidentale -, ha viaggiato fin da quando è nato. In queste preziose pagine autobiografiche, l'autore ripercorre i primi tre decenni della propria vita, trascorsi soprattutto fra il Bengala e l'Inghilterra. Sen torna dunque a Mandalay, in Birmania, e a Dacca, nel moderno Bangladesh, dove ha vissuto da bambino. Rievoca gli eventi che hanno segnato quegli anni: dalla tragica carestia del 1943 alle drammatiche turbolenze che hanno scosso l'India nel 1947 al momento dell'indipendenza e della partizione, alla detenzione di molti suoi familiari durante la dominazione britannica. Ricorda la scuola sperimentale e progressista, fondata dal grande poeta Rabindranath Tagore, nel villaggio di Santiniketan, e le conversazioni in un caffè di College Street a Calcutta, dove, giovane studente universitario, coltiva con crescente entusiasmo le gioie dei dibattiti intellettuali. Poi il trasferimento a Cambridge, in Inghilterra, e al Trinity College, dove ha il privilegio di conoscere i grandi economisti e filosofi dell'epoca, da Maurice Dobb a Joan Robinson e Piero Sraffa, solo per citarne alcuni, maestri che nel volgere di pochissimi anni sarebbero diventati suoi colleghi, oltre che grandi amici. Con la semplicità tipica delle grandi menti, Amartya Sen narra gli incontri, i luoghi e le esperienze che hanno alimentato e plasmato il suo pensiero in tema di economia, filosofia, identità, comunità, disuguaglianza di genere. "La mia casa è il mondo" è un viaggio attraverso la formazione dell'universo morale di uno dei più grandi pensatori contemporanei.